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Conquistare i clienti con il Content Marketing [Puntata 3]

di giovedì, 5 Dic 2019

L’idea di scrivere una mini serie, dal taglio pratico e per addetti ai lavori, tutte concentrare sul tema del Content Marketing, è nata nel 2019 grazie a una collaborazione di “influencer” esperti di digitale in Italia. Mi fa sorridere l’idea che io possa essere definita così ma, secondo il team di PR che avevano realizzato il progetto, io rientravo a pieno titolo in questa squadra di professionisti con cui aprire dei “Digital Talk” per il neonato magazine di EIPASS, eiyou!

Tutto bene anche se, come raccontavo nella postilla dell’articolo precedente, qualcosa è però poi andata storta con la – forse troppo junior – redazione. Così ho preferito interrompere, con la seconda puntata, il rapporto di collaborazione con eiyou! pur restando in ottimi rapporti sia con il direttore, che ha assecondato le mie richieste, sia con i colleghi di quel viaggio, con i quali ho collaborato per altri progetti anche successivamente. Morale della favola? Nella vita non ci sono necessariamente “buoni” e “cattivi”, come non ce ne sono nella storia che riporto. La decisione di rinunciare a un’avventura come questa è stata frutto di una riflessione personale, cioè quella di aver imparato a riconoscere le situazioni in cui non mi trovo bene e, anziché cercare di correggerle o correggermi, sapermi fermare in tempo. Ma se ogni promessa è debito, ecco il proseguo della trattazione, in questo caso scritta per il mio blog personale e per portare a conclusione l’argomento.

Come misurare e valutare la performance dei contenuti

Misurare l’efficacia dei contenuti che abbiamo ideato e creato in linea con il piano editoriale significa innanzitutto ricordare cosa ci aveva espresso il cliente della fase di brief: quali erano le sue aspettative, cosa riusciva a comprendere dei social e cosa no, cosa dovremmo dimostrargli a fronte delle risorse che gli abbiamo chiesto. Dall’altra parte, dovremmo anche inserire dei dati esplicativi le nostre scelte, l’andamento della campagna di content marketing nei termini di come stanno reagendo gli utenti di fronte alle proposte informative e pubblicitarie che ricevono dai canali del brand. Insomma, si tratta di scegliere i KPI, non di collezionarli passivamente. Spesso in azienda, i social media manager mi chiedono quali sono le metriche che dovranno considerare nel report che stanno per andare a scrivere. Io rispondo che sono loro a doverle scegliere e che, anzi, in verità le hanno già scelte nel piano editoriale: invito quindi a riprendere quel documento, oltre alle note di progetto fin lì raccolte nelle varie riunioni con il cliente, e poi chiedo “cosa vorresti sapere da queste attività che stai pubblicando?“. Mi viene risposto quindi “se gli utenti vedono il post” oppure “se la pagina social sta crescendo” o “se sul sito del cliente stanno arrivando più visite”. Esatto: sono queste le KPI, cioè i “key performance indicator” da tenere a mente, al di là di quello che la piattafoma di analytics che stiamo impiegando ci restituisce con innumerevoli insight e grafici. Ovviamente più i progetti sono complessi, ricchi di fasi e canali impiegati, più il report sarà robusto e necessità di ulteriori chiavi di lettura delle attività.   Conquistare i clienti con il Content Marketing [Puntata 3] Un’altra tipica domanda che mi viene fatta è “quanti kpi devo elencare nel documento?” e, soprattutto quando inizio a vederne decine, intuisco che il social media manager non ci sta capendo molto in questa fase e devo aiutarlo ad affrontare a mente lucida la raccolta di dati davvero utili e rappresentativi. Personalmente, ritengo che un numero inferiore a 10 metriche siano quelle che, a colpo d’occhio, possono darci un’idea sintetica ma esaustiva dell’andamento del progetto. Nei report di dettaglio, possiamo arrivare a estrarre uleriori metriche, metterle a confronto tra loro, o con quelle di altri brand competitor, fare speculazioni su grafici gradevoli alla vista e capaci di trasferire suggestioni a chi lo leggerà. Ma ricordiamoci che spesso verrà letta appena la prima pagina del report, quella in cui le nostre scelte e la nostra capacità di raccontare in poche parole e pochi numeri emergeranno su tutto, lasciando un’impronta significativa sulla nostra personalità di consulenti e professionisti. Più saremo capaci di sintetizzare a livello grafico e concettuale, più riusciremo a portare il cliente verso l’ultima pagina del report, dove probabilmente abbiamo inserito letture critiche dei dati, suggerimenti di ottimizzazione e ulteriori richieste (magari di budget). Suggerisco spesso, infatti, di scegliere a tal fine proprio kpi che i team sappiano gestire e spiegare al cliente, a  fronte di pressioni e messe in difficoltà: il report ha l’importante compito di comunicare credibilità del lavoro che stiamo conducendo. Per un progetto di content marketing – e non solo – che funzioni bene, raccomando di:

a) programmare la reportistica periodica

esattamente come il calendario editoriale e, meglio ancora, inserirla – o suggerire di farla inserire – nel contratto: questo ci aiuterà a mantenere le scadenze, a lavorare senza arretrati, stati confusionali  ansie; ci aiuterà, inoltre, a creare aspettative positive nel cliente e nei colleghi che, a quel punto, sapranno che riceveranno puntualmente un report, con commenti, suggerimenti di miglioramento e proposte aggiornate.  

b) inserire consigli di ottimizzazioni tecniche e strategiche

anticipando, già nelle singole slide in cui raccogliamo i dati più significativi, quali sono gli insight che per quelle specifiche metriche ci stanno dicendo di migliorare in una certa direzione: si potrà trattare di dettagli relativi il pubblico, oppure di una spesa pubblicitaria troppo bassa o di un canale poco ricettivo per quel tipo di contenuto. Nelle conclusioni del report, di conseguenza, faremo un lavoro di rapida sintesi critica dei dati, indicando le soluzioni pratiche per migliorare. Alcune di esse non saranno mere ottimizzazioni tecniche, ma vere e proprie scelte strategiche, come ad esempio le riallocazioni di budget. Questa parte del report è sempre molto apprezzata e, se eviteremo di scriverla, dovremmo prepararci quantomeno a rispondere alla domanda che ci faranno dopo aver visto i dati. social-media-report-rosanna perrone

c) evitare di passare le giornate guardando gli insight

come se essi potessero migliorare con le nostre preghiere. Ho visto spesso colleghi affetti da questo male, e non li ho mai visti guarire. Il problema risiede nell’aspettativa che si ha verso le azioni di marketing, e quindi del contenuto creato, e la soluzione non è nei report, bensì nella corretta pianificazione della attività, della loro implementazione e anche del tempo necessario perchè i dati “lievitino” dopo che i contenuti siano stati pubblicati. Ci sono tempi tecnici, come quelli legati agli algoritmi delle piattaforme, alla velocità di performance in base alle fanbase o alle sponsorizzazioni, e tempi legati alla strategia scelta a monte, in termini SEO e SEM, ad esempio. Molti clienti potrebbero erroneamente aspettarsi l’indicizzazione dei contenuti in una settimana, e spesso lo credono a causa di ciò che gli stessi content manager consentono che avvenga.

d) evitare di modificare continuamente i post

che si tratti di contenuti organici o sponsorizzati, non bisognerà farsi tradire dalla voglia di rendere “perfetto” il lavoro che ci sembra non stia performando. Modificare grafiche, body copy, link di atterraggio, spegnere una sponsorizzazione e poi farla ripartire… no, no, no. Il professionista non lavora così, e il report racconterà, con i numeri, tutto il lavoro pianificato poco, implementato male e gestito in preda alle sensazioni. Il report più bello fatto quest’anno con un mio team di social media manager in azienda mi ha entusiasmata perchè, quando ho finito di leggerlo, mi sono accorta che era un documento “parlante”, e non solo una fotografia del lavoro fatto. Inutile dire che, a quel punto, è stato facile gestire il meeting di restituzione con il cliente, perché la squadra di analisti era consapevole del lavoro fatto, pronta a spiegare e interagire rispetto ai – buoni – risultati ottenuti, concludendo molto positivamente un lavoro annuale che ha comunicato grande credibilità, che si è trasferita sottoforma di fiducia verso le scelte operate dal team. Cos’aveva di speciale? Avevamo scelto le metriche giuste. Il segreto di un buon report è sempre lì. Suggerisco di dare uno sguardo anche alla lista di 15 kpi principali che HubSpot raccoglie in questo articolo per avere un’idea chiara dell’ambito in cui muoversi.

La chiusura del cerchio

La mini-serie finisce qui. Non c’è una vera e propria quarta puntata dell’articolo “Conquistare i clienti con il Content Marketing” anche se è previsto un approfondimento sul tema del Contenuto tra Informazione e Comunicazione: chi sono i professionisti che si occupano di “content” e quali competenze dovrebbero avere? Quanto vale il content marketing?
[LEGGI LA PUNTATA PRECEDENTE]


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Rosanna Perrone

OneofStarsailor

Lucana, vivo a Roma e lavoro come consulente strategico in Comunicazione & Marketing, con particolare riferimento alla Reputazione e il Social Media. Mi occupo di progetti Formazione nello stesso settore. Sono anche giornalista e digital editor, amo il design editoriale e lo sviluppo di magazine. Ho collaborato per numerose testate online, iniziando come inviata di Jazzitalia e muovendomi, poi, soprattutto nell'area dell'economia e dell'innovazione. Ho un MBA in "Global Management & Leadership" e insegno Marketing alla Swiss School of Management. Ho creato questo blog otto anni fa come una casa in cui ritrovarmi e ospitare i miei amici. Di solito io cucino e chi arriva porta un disco da ascoltare insieme.